N° 25

 

SENTINELLA DELLA LIBERTÀ

 

Di Carlo Monni

 

 

PROLOGO

 

 

            C’era una volta un uomo di nome Abraham Erskine ed aveva un sogno: un prodotto che migliorasse la vita della gente, che restituisse speranza a coloro che erano troppo malati o troppo deboli. Purtroppo, quelli erano tempi difficili, il Nazismo aveva conquistato quasi l’intera Europa, solo la Gran Bretagna resisteva fiera ed indomita. Le menti più aperte della Nazione sapevano bene che era solo questione di tempo e la minaccia di Hitler si sarebbe estesa a tutto il mondo, bisognava essere pronti. Il siero del Dottor Erskine fu ribattezzato “siero del supersoldato” e, dopo alcuni tentativi, fu testato su un giovane magro, gracile, malaticcio. Steven Rogers fu sottoposto al trattamento dei cosiddetti Raggi Vita e bevve il siero. Sotto gli occhi di esponenti del Governo e dei vertici Militari, il corpo stesso di Steve cambiò e lui si ritrovò con un corpo muscoloso, scattante, fisicamente eccellente sotto ogni punto di vista. Poteva essere un punto di svolta, ma non andò così. Un agente nazista uccise il Professor Erskine ed il segreto del siero andò perso con lui.  Steve Rogers si ritrovò ad essere l’unico supersoldato d’America. Fu deciso che sarebbe diventato un simbolo dei valori nazionali e come ogni simbolo doveva essere immediatamente riconoscibile. Gli fu confezionata un’uniforme speciale, gli dettero un’arma unica ed un nome evocativo: Capitan America era nato e la leggenda sarebbe durata per oltre sessant’anni.

 

            Capitan America, quello originale, è morto. O almeno questo è ciò che crede la gente comune, la stessa che si reca periodicamente a rendere omaggio alla sua tomba nel Cimitero degli Eroi ad Arlington. Ha perso la vita combattendo eroicamente contro il Teschio Rosso e sacrificandosi per salvare la vita dei suoi amici. Si, questo è ciò che crede la gente, ma la verità, come spesso succede è diversa… ma non troppo.  Capitan America è morto, questo è vero ed è anche vero che sotto la sua maschera c’era un uomo di nome Steve Rogers, un uomo fuori dal suo tempo, Ma chi era questo Steve Rogers, questo Capitan America? Un giovane gracile nato nel 1920 a Brooklyn, New York che si sottopose ad un trattamento sperimentale per diventare il supersoldato simbolo dei valori di una nazione alla vigilia della guerra e che, per un bizzarro capriccio del caso, al termine di quella guerra rimase ibernato sino ai tempi moderni? Oppure un giovane nato nel Connecticut nel 1930 e che, spinto dall’ammirazione per quello stesso eroe, riscoprì la formula del supersoldato e decise di diventare lui stesso quell’eroe, al punto di sottoporsi a delicate operazioni estetiche per assumerne voce e volto ed infine lo stesso nome e ruolo, in un mondo reso paranoico da un conflitto ideologico tra i più aspri della storia dell’Umanità, una Guerra Fredda che lo portò sino all’orlo della pazzia ed oltre.

            Chi è morto nella tragica esplosione dell’Eliveicolo? Credete di sapere la risposta, vero? Ma… e se vi sbagliaste?

 

 

1.

 

 

            Boston, Massachussetts, il quartiere elegante di Beacon Hill, dove risiedono alcune delle famiglie più in vista della più inglese delle città americane. Qui si trova la residenza di un uomo il cui nome completo è Jeffrey William Mace II. Il suo primo nome, che usa di rado, preferendo firmarsi J. William Mace, Will per gli intimi, è quello di suo padre, Jeffrey Mace Senior, che negli anni che vanno dal 1942 al 1946 fu l’eroe chiamato il Patriota, prima di assumere il pesante ruolo di Capitan America per i tre anni successivi. Il secondo nome lo deve allo zio materno, William Naisland Jr., che fu l’Uomo del Mistero chiamato Spirito del ’76 dal 1942 al maggio 1945, quando venne chiamato dal governo americano ad assumere il ruolo di Capitan America, il secondo, al posto dello scomparso Steve Rogers. Un’eredità pesante e se il destino non ci avesse messo la mano, lui sarebbe stato il prossimo a vestire i panni di Capitan America, a ridar vita ad una leggenda, ma il suo momento passò e poi ci fu il ritorno dell’originale, ripescato dai Vendicatori e, ovviamente l’idea fu accantonata. Poi c’è stata la “morte” di Rogers e sui figlio Jeff era il candidato naturale a succedergli, la leggenda di Capitan America continua a vivere per merito suo e Will ne è orgoglioso.

Oggi è un giorno particolarmente importante per la famiglia Mace: Dorothy Mace, la moglie di Will e madre dei suoi tre figli, torna a casa dopo un soggiorno in una clinica a causa di un crollo nervoso durante la crisi chiamata dai media Inferno². La mente di Dorothy cedette al suo lato più oscuro e lei sparò al marito, che, nella sua paranoia, riteneva responsabile di tutto quello che di male stava accadendo. Per fortuna di tutti, sbagliò la mira, ferendo Will solo ad una spalla. Ora sembra che tutto sia tornato alla normalità. O meglio, lo sarebbe se alla riunione familiare fosse presente anche la figlia più giovane, Roberta, ma è scomparsa proprio durante la crisi infernale e da allora non se ne sono più avute notizie.

            È un incontro commovente sul quale possiamo esercitare l’arte della discrezione e lasciare la famiglia sola con i suoi sentimenti, per ritrovarli dopo pranzo, quando Jeff si trova a colloquio col padre nello studio di quest’ultimo.

-Devo chiederti un consiglio papà.- gli dice.

-Oh, e che consiglio potrei mai dare io al famoso Capitan America?- ribatte Will ridacchiando.

-Non scherzare, è una cosa seria, si tratta di una missione dei Vendicatori.-

            E gli racconta tutto della Slokovia, di come su suggerimento di War Machine, i Vendicatori abbiano deciso di recarvisi per abbattere la dittatura di Drakan Djorjevic,[1] di come la cosa lo abbia lasciato perplesso a lungo, prima di decidere di schierarsi al fianco dei Vendicatori.

-Capisco bene i tuoi dubbi, figliolo.- gli dice Will –Decidere di abbattere un governo è una scelta pesante e ti dirò che non sono sicuro che sia una scelta assennata.-

-Vuoi dire che non è giusto abbattere un tiranno?- ribatte Jeff -Mi sbaglio o il Governo per cui lavori sostiene di aver fatto una guerra proprio per questo?-

            Will fa un sogghigno:

-Un punto per te, ragazzo mio. Tuttavia non stavo parlando di giustizia, ma di opportunità. Credi sia davvero saggio interferire nelle vicende politiche mondiali ora? E poi: chi sono i Vendicatori per decidere chi agisce giustamente e chi no? Volete forse essere i guardiani del mondo? Quale sarebbe la prossima mossa, assumere il Governo Mondiale per correggerne i mali secondo la vostra visione delle cose? Credi che sarebbe davvero nello spirito del costume che porti?-

            Jeff rimane in silenzio per un attimo, poi:

-C’è del vero in quello che dici, papà, ma lascia che ti dica questo: Djorjevic è ricercato internazionalmente per crimini di guerra, giusto? Tuttavia per eseguire quel mandato con mezzi ordinari occorrerebbe un’invasione della Slokovia da parte di truppe armate, con conseguente perdita di vite, anche civili. Noi Vendicatori possiamo riuscire nel compito senza o con un minimo spargimento di sangue. Pensa a noi come ai poliziotti che eseguono un mandato, E poi, non è dovere di Capitan America difendere la libertà e la democrazia?-

-Ben detto figlio mio.- replica, infine –Will –Ma ricorda, c’è una linea molto sottile che divide il giusto dall’ingiusto e si può traversarla anche animati dalle migliori intenzioni.-

-Se mai i Vendicatori dovessero oltrepassarla, io sarò in prima fila contro di loro, lo sai..-

-Si, ne sono convinto. Ti auguro buona fortuna Jeff, qualcosa mi dice che tu ed i Vendicatori ne avrete bisogno presto.-

            Ed i fatti gli daranno ragione sin troppo presto.

 

            Quartier Generale Elettorale di Sam Wilson Sarà una lunga giornata oggi, il giorno in cui si vota per le primarie democratiche per il 30° Distretto Senatoriale dello Stato di New York. Sam sa di essere in testa negli ultimi sondaggi, specie da quando il suo principale avversario è stato costretto al ritiro dopo essere stato arrestato per corruzione, [2] ma non reprime un certo nervosismo.

-Dovresti rilassarti un po’ di più.- gli dice Leila Taylor, la sua manager elettorale. Non avremo i risultati prima di un paio d’ore.-

            Sam la guarda. Erano stati amanti un tempo, sembra un’eternità fa, ormai. Ora lei è sposata con un Senatore radicale da cui ha avuto due gemelle. Strano a pensarci. Chi l’avrebbe mai detto che la giovane affiliata al Potere Nero, sempre in prima linea nella contestazione al sistema, la rivoluzionaria arrabbiata, si sarebbe integrata, alla fine, in quello stesso sistema, diventando un elegante frequentatrice dei salotti di Washington? I tempi e le persone cambiano, un pensiero che lo fa improvvisamente sentire molto vecchio. Certo, però è strano, perché ha deciso di lavorare a New York? E perché usare il nome da ragazza? Forse dovrebbe chiederglielo, ma gli sembrerebbe sfacciato. Invece le risponde:

-Non è facile rilassarsi. Ho scommesso molto su quest’elezione. Certo, anche se perdessi, avrei sempre il resto della mia vita, eppure… è presunzione credere di poter essere utile?-

-Se lo è, non sei il solo e ce ne vorrebbero altri come te..- replica Leila –Io ti conosco da anni Sam e so che, se sarai eletto, farai un ottimo lavoro, se te lo lasceranno fare.-   Già, pensa Sam, se non altro farò del mio meglio.

 

            Palestra di Casa Mace. Jeff la conosce bene. Suo padre e suo nonno ce l’hanno portato sin da quando ha cominciato a camminare o quasi. È stata un’educazione parallela a quella scolastica, Ogni disciplina atletica, ogni tecnica di combattimento a mani nude, per non parlare dell’addestramento in armi d’ogni tipo, Un lavoro massacrante a cui sua sorella Elizabeth si sottoponeva volentieri, mentre lui non era così convinto, ma non poteva deludere il padre ed il nonno, non poteva.

            Lizzie è lì, impegnata in tutta una serie di esercizi fisici. Lo vede e si ferma. È incredibile, pensa lui, non sembra nemmeno avere il fiatone.

-Salve fratellino, ti va di farmi compagnia?- gli chiede.

-Beh volevo fare un po’ d’allenamento.- risponde Jeff. –D’accordo.-

-Mettiti il costume, allora e diamoci da fare.-

            E così si danno da fare. Un balletto fatto di mosse, di coreografie ardite, di evoluzioni che i miglior atleti olimpici esiterebbero a compiere. A loro vengono naturali come bere un bicchiere d acqua fresca. A questo punto, Lizzie propone di passare al combattimento corpo a corpo.

-Non so se è una buona idea.- commenta Jeff.

-Paura di batterti con una ragazza?-

-Paura di essere battuto dalla ragazza, caso mai.- replica, ridendo Jeff –So quanto sei tosta e non farebbe bene alla mia immagine.-

-Lo sapremmo solo io e te.- ribatte Lizzie –Su, datti da fare, lanciami lo scudo.-

            Jeff obbedisce e fa un lancio impeccabile. Lizzie aspetta l’ultimo istante utile, poi salta e lo afferra a mezz’aria, fa una capriola e lo rilancia al fratello, poi spicca una salto in avanti, fa un’altra capriola ed intercetta lo scudo, afferrandolo un istante prima che Jeff possa riuscirci. A questo punto, lui le afferra il polso e le torce il braccio mandandola a terra, ma lei, contemporaneamente, fa scattare le gambe, facendogli lo sgambetto e facendolo cadere con lei, poi, mentre toccano terra, lo fa volare sopra la sua testa e gli piomba sopra, piantandogli le ginocchia sullo sterno.

-Ah!- esclama soddisfatta –Il grande Capitan America si è fatto atterrare da una ragazza. Ti arrendi?-

            Jeff alza le mani e le scuote.

-Ok, ok.- risponde –Non volevo neanche combattere, del resto.-

-Allora ammetti che sarei un Capitan America più in gamba di te?-

-Non l’ho mai negato, anzi, se vuoi il lavoro è tuo. Temo, però, che il mio costume non ti starebbe bene.-

-Spiritoso, ma potrei prenderti in parola uno di questi giorni.-

-Nel caso c’è sempre il costume di Bucky..-

            Lizzie fa una smorfia

-No, lasciamo perdere. Un Bucky donna sarebbe ancor più ridicolo di un Capitan America donna e poi sono troppo vecchia per sgambettarti dietro con una mascherina in volto.-

            I due fratelli ridono, una cosa che non capita loro troppo spesso di fare insieme e forse non accadrà ancora per molto tempo.

 

 

2.

 

 

            Sono le sette del mattino quando un Sam Wilson che si è appisolato sul divano del suo viene svegliato da un’eccitata Leila Taylor.

-Sam, Sam, Sveglia! Sono arrivati i primi risultati.-

-Uh, sul serio? Dimmi… com’è andata?-

-Secondo le ultime stime sei a 21832 voti.-

-Scherzi?-

-No, superi appena il 50%, ma questo fa di te il vincitore sicuro. Non avremo bisogno di un ballottaggio. Complimenti Senatore.-

-Non correre troppo, è stata solo l’elezione primaria, non quella generale.-

-Non dire sciocchezze. Da queste parti i repubblicani sono fortunati se arrivano all’8% e tu sei molto meglio dell’uomo che sostituirai. Gli elettori non vedono l’ora di mandarti ad Albany.-

-Probabilmente perché non mi vogliono più da queste parti.-

Ah, sei incorreggibile Sam.-

-Se non lo sai tu che mi conosci così bene, tesoro…- Sam si blocca di colpo, poi dice –Scusa, non volevo essere… a volte mi dimentico che sei sposata e... oh lascia perdere, dico un cumulo di sciocchezze.-

-Non importa.- taglia corto Leila –Ora pensiamo alla prossima fase della campagna elettorale, devi essere pronto a…-

 

            In un altro luogo, un altra donna alla guida di un jet sul cui fianco è disegnata un V fiammeggiante. Dallas Riordan, colei che in segreto è l’eroina chiamata Citizen V, ha molto in comune con Jeff Mace, anche lei, come lui, discende da un eroe della seconda guerra mondiale e ne ha ereditato il manto e la responsabilità e come Jeff Mace ha accettato questo compito con poco entusiasmo. Ora è Citizen V, però e qualunque cosa succeda, non mollerà prima di aver chiarito la sua reputazione. Il Barone Zemo prima e sua moglie Heike poi, l’hanno infangata con le loro azioni, abusando del nome e dell’immagine di Citizen V e lei vendicherà quell’affronto.  Ma non è solo questo che le interessa. L’Incappucciata, capo dei Signori del Male, l’ha ipnotizzata, l’ha rivestita del suo costume ed ha fatto in modo che fosse smascherata al suo posto. Ora Dallas Riordan è una fuggiasca, ricercata per crimini che non ha commesso, e la sua sola speranza di riabilitare il suo nome è  trovare la vera Incappucciata e dimostrare la propria innocenza. Pensandoci bene, l’incappucciata ora conosce la sua vera identità, ma se pensa che sia un vantaggio sbaglia, perché adesso anche lei conosce la sua e la troverà dovunque sia. Comincerà da qui, dall’ultimo covo dei Signori del Male, sul Monte Charteris, in Colorado, sarà un buon punto di partenza.

 

 

3.

 

 

            Sharon Carter si sveglia in un bagno di sudore. I contorni del suo incubo tendono a svanire, ma riesce a ricordare il senso di oppressione e di paura, sensazioni che cominciano a svanire lasciando una donna confusa che corre in bagno e vomita anche l’anima. No, quella no, pensa fra se, se mai ne aveva una, l’ha perduta da tempo ormai. Si sciacqua il viso e si fissa nello specchio. Chi sei diventata Sharon? E quando hai cominciato a perdere te stessa? Lo specchio non le rimanda alcuna risposta e del resto, lei nemmeno la cercava. Si fa una rapida doccia  e poi si infila la sua uniforme e controlla che le armi siano in perfetta efficienza. Una parte di lei si chiede se dovrebbe parlare a quella strizzacervelli dei suoi incubi e delle loro conseguenze, ma ha già accantonato il pensiero mentre entra nella sede dello S.H.I.E.L.D. di Richmond, capitale dello Stato della Virginia ed ignora anche il sapore acido che ha ancora in bocca.

 

            La Lee Academy è una scuola privata del Connecticut, non molto distante da New York, ma del resto, qualcuno dice che il resto del mondo non è molto da New York. È piccola, ma si è guadagnata una certa fama nella zona come un posto dove la preparazione è eccellente e gli insegnanti molto in gamba. Uno di questi insegnanti si chiama Steve Rogers. Per molti questo professore del corso di Arti Figurative, non è diverso dagli altri, ma un osservatore attento noterebbe qualcosa di più. Dietro gli occhiali che gli danno l’aria da studioso, c’è uno sguardo indagatore, il fisico ricorda quello di un atleta, muscoloso, ma non nel modo in cui lo sono i body builders, con le loro esagerazioni, i muscoli sono distribuiti in modo proporzionato ed armonioso, in contrasto con un aspetto riservato e timido, almeno all’apparenza.

            Chiude il libro che aveva davanti a se e dice alla classe:

-Molto bene. Domani parleremo dell’importanza di Michelangelo rispetto ala stagione del Rinascimento e cercheremo di capirne di più sulle sue tecniche. Arrivederci ragazzi.-

            L’insegnamento è davvero gratificante Non si era mai davvero accorto di quanto gli mancasse il contatto con la gente normale e che soddisfazione dà il sapere di poter essere utile agli altri in modi diversi dall’indossare un costume, anche se, ogni tanto la nostalgia lo riprende. Ma immagina che sia lo stesso tipo d’impulso che hanno gli ex alcolizzati ed in fondo il costume è come una droga, una dipendenza da cui lui è riuscito a trarsi fuori finché era ancora abbastanza giovane. Giovane. Ci sarebbe da ridere se sapessero la sua vera età. Potrebbe essere il nonno di tutti questi ragazzini, che ignorano che 50 anni fa, quando questa si chiamava Lee High School, nel suo corpo insegnante c’era un uomo di nome Steve Rogers e tra gli alunni un ragazzino di nome  Jack Monroe. Due persone in apparenza normali, ma che in realtà erano Capitan America IV e Bucky III. Come dire: più le cose cambiano, più rimangono le stesse. 

            Steve Rogers sorride quando vede la giovane donna bruna che lo aspetta all’uscita.

-Connie, che piacere vederti.- la saluta –A che debbo l’onore di una visita dell’impegnatissimo Procuratore Distrettuale di Manhattan?-

            Connie Ferrari ricambia il sorriso e risponde.

-Non sono mai così impegnata da non pensarti, mio caro. In realtà sono riuscita a liberarmi prima oggi ed ho guidato fin qui. Mi chiedevo se ti senti pronto per una seratina intima.-

-Mia cara, sono sempre pronto per queste cose.-

 

            Rebecca Proctor spegne l’audio della TV non appena sente suonare il campanello. Quante brutte notizie, pensa, adesso i Vendicatori sono andati in quella nazione per arrestarne il Presidente, certo, se lo merita, o i Vendicatori non si sarebbero mossi.. Quando apre la porta si trova di fronte un giovane sui 20 anni o, forse un poco più vecchio, non è facile capirlo, ha lo sguardo di chi ha visto molte cose e quasi tutte brutte.

Lei è Rebecca Proctor?- le chiede.

            Rebecca lo guarda ancora. Ha un’aria familiare, come se lo conoscesse, eppure… aspetta… no, non può essere…

-Lei… chi è?-

-Ho avuto molti nomi, ma lei può chiamarmi Jack Monroe, Mrs. Proctor. Posso entrare?-

            Rebecca lo lascia passare. Jack Monroe, il nome le dice qualcosa, ma l’anziana donna non riesce a focalizzare. Maledetta memoria e diventerà sempre peggio, lo sa. Aspetta… Jack Monroe? Ma certo!

-Lei è il Bucky degli anni ’50!- esclama.

-E lei è la sorella del Bucky originale, James Buchanan Barnes, giusto Mrs. Proctor?-

-Perché è qui Mr. Monroe?-

-La prego, mi chiami Jack, renderà tutto più facile.-

-Allora chiamami Rebecca… Perché sei qui Jack?-

-Mi hanno detto che potevo vedere Bucky… voglio dire la bambina che tuo figlio ha adottato. Era mia, sai? Beh, cioè non è veramente mia figlia, ma sono io che me ne sono preso cura dopo che sua madre l’aveva abbandonata.-

-Si me l’avevano detto. Beh, Jack, se vuoi sederti… Mio figlio ed i miei nipoti saranno qui tra poco. Vuoi vedere la TV? –

No! Preferirei parlare… di tuo fratello, se non ti spiace.-

            Rebecca Barnes Proctor si siede davanti a Jack e risponde.

-No, non mi dispiace affatto.-

 

 

4.

 

 

Washington D.C. Dipartimento di Stato. Sullo schermo di una TV incassata in una parete scorrono le immagini di Capitan America che parla:

<< Da anni le lobby dei mercanti di armi bazzicano in Slokovia ed altri piccoli paesi, arricchendosi alle spalle della gente povera che viene uccisa dalla loro crudele mercanzia, e nessuno ha mai fatto nulla per fermarli. Ho visto con i miei stessi occhi i numerosi civili, donne e bambini soprattutto, morti in quella nazione. Morti per niente, per niente dannazione! Potevamo e dovevamo salvarli prima. Chi doveva intervenire per primo non lo ha fatto: parlo del governo americano, che avrebbe dovuto bloccare quell' ignobile traffico…>>     

-Molto incisivo, direi.- Il Segretario di Stato si aggiusta gli occhiali ed abbassa l’audio –Naturalmente non arriva nel momento più adatto per noi. Non crede che abbia esagerato stavolta, Will?-

            Se non sapesse che Powell non è al corrente del segreto, Will Mace potrebbe pensare che la domanda è stata fatta apposta. Fa un sorriso di circostanza e risponde:

 Non direi, signor Segretario. Ci sono numerosi precedenti idi interferenze dei supereroi in questo genere di cose. In una delle sue prime apparizioni Thor rovesciò un dittatore sudamericano di sinistra ed un paio d’anni dopo Silver Surfer appoggiò i ribelli di un altro paese contro un dittatore militare. I Vendicatori sono intervenuti in Tierra Verde e gli X Men…-

-Non serve che mi enumeri tutti i precedenti amico mio, il problema è che stavolta Capitan America ed i suoi amici Vendicatori hanno messo in serio imbarazzo il Governo.-

-Intende dire che hanno messo in imbarazzo il Presidente con alcuni dei suoi principali finanziatori nell’anno elettorale, giusto?-

-Will lei sa essere impertinente, lo sa? Molti mi chiedono perché io continui a servirmi di lei.-

-Forse perché sono un bravo negoziatore- Il che mi ricorda che voleva vedermi a proposito del Murtakesh.-

-Infatti, ho ancora bisogno di lei laggiù. Le truppe del Murtakesh sono ad un passo della Capitale di Halwan, le forze del Wakanda stanno per intervenire in difesa degli Halwanesi. Non è il momento più adatto per un’altra crisi in Medio Oriente.-

-Io e gli altri membri del gruppo dei Quattro ci abbiamo già provato, ricorda? Non faccio che fare la spola tra quei e quei paesi e qui da un bel po’ di tempo. L’Emiro del Murtakesh non si fermerà se non sarà costretto con la forza.-

-La questione è all’ordine del giorno del Consiglio di Sicurezza assieme alla questione dello status dei Vendicatori. Forse riusciremo a discuterla entro un paio di giorni. Un’azione unilaterale è fuori questione adesso.-

-Molto bene, sono pronto a partire, ma non si aspetti niente.-

-Ho smesso di aspettarmi qualcosa da parecchio ormai. Buona fortuna Will.-

-Grazie, ne avrò bisogno, temo.-

 

            Lizzie Mace ha cenato con sua madre, loro due da sole. È felice di vederla di nuovo in forma, ha sofferto troppo negli ultimi tempi. Teme la sua reazione quando le diranno della scomparsa di Roberta. Dopo tanto tempo ancora nessuna notizia, ma deve essere finita da qualche parte. E se fosse morta? Lizzie non vuole neppure pensarci, non può essere accaduto… eppure… che fine può aver fatto? Ci sono troppi misteri nella sua vita ed in quelle di coloro che gli sono cari, dovrebbe cominciare a fare chiarezza. Ci penserà al suo ritorno al lavoro e, magari, assieme a Martin Mitchell cercherà di scoprire perché il vecchio Aubrey ha cercato di manipolarli. Il corso dei suoi pensieri è interrotto dallo squillo del telefono a cui lei è pronta a rispondere.

-Pronto?-

            Riconosce immediatamente la voce all’altro capo del microfono:

-Lizzie! Aiutami!-

-Roberta? Sei davvero tu sorellina?-

-Aiutami per favore Lizzie… devi aiutar…-

-Robyn che succede? Rispondi?-

            Ma la comunicazione è stata bruscamente interrotta.

 

            Scegliere il quartiere di Red Hook a Brooklyn per vivere può anche non sembrare una scelta saggia, visto che non è precisamente un quartiere elegante, ma l’uomo di nome Steve Rogers non la pensa così, lui si sente meglio se vive a contatto con la gente comune, lo aiuta a tenere a mente che quella è la vera America, il crogiuolo da cui si è formata una grande Nazione, quella per cui ha combattuto Capitan America. Naturalmente ci sono degli inconvenienti ogni tanto… ad esempio i due teppistelli che lo affrontano sulla soglia di casa. Giovani e forse fatti di crack o di qualcos’altro.

-Dacci la grana, vecchio!- lo apostrofa uno di loro, armato di pistola.

            Steve sogghigna, sono più vecchio di tuo padre ragazzo, ma non te ne renderesti mai conto.

-Non credo che troverete molto denaro nelle mie tasche.- ribatte.

-Poche storie.- aggiunge il secondo, agitandogli un coltello sotto il naso –Dacci tutto quello che hai o ce lo prenderemo da soli.-

            Le dieci del mattino e nessun poliziotto in vista, tipico, pensa Steve

-Attenti con quelle armi.- dice loro con aria calma –Potreste far del male a qualcuno… o a voi stessi.-

            I due sembrano sconcertati dal modo in cui l’uomo si sta comportando.

-Facciamo sul serio, uomo.- esclama uno –Dovresti aver paura.-

-Oh, ma io ho paura… per voi.-

            Con un gesto improvviso, Steve fa scattare il braccio destro e con la cartella colpisce il ragazzo con la pistola in faccia, mandandolo a rotolare giù per i pochi gradini dell’ingresso. Contemporaneamente, con la mano sinistra serra il polso del ragazzo con il coltello e glielo torce, costringendolo a terra. Continua a stringere, finché lo costringe a mollare il coltello, che poi allontana con un calcio.

-Andate via adesso!- intima, poi ad entrambi –E datemi retta, vi conviene star fuori dai guai..-

            Non si terranno fuori dai guai abbastanza a lungo, teme, ma sperare non costa niente. E comunque sia, non gli è dispiaciuto un po’ d’esercizio fisico. 

Entra in casa e decide di sentire un po’ di musica, un disco di Frank Sinatra, per essere esatti. Questa è musica, pensa mentre si siede in poltrona e si rilassa. Dinanzi agli occhi della mente scorrono le immagini di una vita o, forse, di due, i ricordi dei trionfi e delle tragedie di quattro uomini vissuti e, almeno tre di loro, morti per un ideale, un ideale chiamato Capitan America. Gli uomini possono anche morire, ma gli ideali sono più di da uccidere, sono sopravvissuti in un’Europa in ginocchio sotto il tallone nazista, agli orrori delle risaie cambogiane, agli stadi trasformati in campi di concentramento. È per questo che, qualunque cosa accada, chiunque ci sia dietro la maschera, Capitan America ci sarà sempre a combattere le ingiustizie ed a tenere alta la fiaccola della libertà dovunque ci sia chi tenta di spegnerla.

Steve spera che Jeff Mace non lo dimentichi mai.

 

 

EPILOGO

 

 

            Il tuo nome è Capitan America e sei il simbolo stesso della tua Nazione, ma quale Nazione? Ti chiedi. Quale America rappresenti realmente? Di recente hai compiuto una scelta, hai seguito la tua coscienza ed hai contribuito non solo a liberare una nazione da un feroce dittatore, ma anche a rivelare fatti che hanno messo in imbarazzo il Governo del tuo paese. Era la cosa giusta da fare e non hai rimpianti per questo.

            Tu non rappresenti il Governo degli Stati Uniti d’America, e, pensandoci bene, non ne rappresenti nemmeno il Popolo. Questo è il compito dei politici, non il tuo. C’è chi lo svolge bene, chi meno, non ti riguarda. Capitan America deve andare oltre le divisioni di partito, quelle etniche e religiose, il suo compito è essere l’incarnazione dei valori su cui la Nazione fu fondata 228 anni fa, lottare perché non siano mai dimenticate le parole scritte allora da Thomas Jefferson:

           

“Noi crediamo che queste siano verità evidenti: che tutti gli uomini sono stati creati uguali e che il Creatore li abbia dotati di certi diritti inalienabili tra cui la vita, la libertà e la ricerca della felicità. Che per assicurare questi diritti sono istituiti tra gli uomini I governi, che derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati. Che dovunque una Forma di Governo diventa distruttiva di questi fini è Diritto del Popolo alterarla o abolirla ed istituire un nuovo Governo che basi le sue fondamenta su tali principi e che organizzi i suoi poteri in tale forma.”

           

            Questo è lo spirito della vera America, ciò che rappresenta la bandiera che sventola sul pennone del mausoleo dedicato all’uomo che scrisse la Dichiarazione d’Indipendenza, quella stessa bandiera che troppe persone hanno disonorato, quello spirito che in troppi hanno dimenticato, molti, ma non colui che indossa l’uniforme di Capitan America. Steve Rogers lo sapeva, tuo nonno lo sapeva ed anche gli altri che hanno indossato il costume e portato lo scudo lo sapevano. È per questo che tu lotti, per questo che hanno sempre lottato Steve Rogers e dopo di lui coloro che hanno portato il nome di Capitan America, il resto sono solo parole.

 

 

FINE

 

 

L’ORIGINE SEGRETA DEL BATTAGLIONE V

 

 

1.

 

                       

            Giugno 1940. La guerra lampo di Hitler ha preso di sorpresa le armate francesi ed inglesi. Nel giro dei 15 giorni che vanno dal 12 al 27 maggio 1940 le truppe alleate sono sonoramente sconfitte e, mentre un governo francese fantoccio è pronto a firmare la resa, ben 300.000 soldati, tra cu 140.000 francesi decisi a non accettare la sconfitta, si ritrovano ammassati sulle spiagge di Dunkerque, in Belgio in attesa di imbarcarsi per la Gran Bretagna. Per loro fortuna, i carri armati tedeschi arrestano la loro avanzata in attesa di essere raggiunti dalla fanteria. Quest’insperato periodo di tregua consente al Governo Inglese di organizzare la ritirata. Nei giorni che vanno dal 27 maggio al 4 giugno, ha luogo una delle più grandi evacuazioni di massa che la storia militare ricordi.

            Tra coloro che devono imbarcarsi c’è John Watkins un giovane tenente dell’esercito inglese a cui destino ha riservato un ruolo particolare. Ferito mentre sta per imbarcarsi, riesce a sopravvivere ed a  raggiungere la Gran Bretagna con mezzi di fortuna, sfuggendo alla caccia nazista. La sua impresa impressiona i suoi superiori che lo mandano a chiamare.

-Abbiamo un compito di grande importanza per lei, John, tornare nei territori occupati ed incitare le popolazioni alla resistenza contro gli invasori. Se la sente?-

            La risposta è senza esitazioni:

Lo farò volentieri, Sir.. Tornerò tra i popoli oppressi e porterò tra loro un simbolo: la V di Vittoria. Per i nemici io sarò: Citizen V..-

 

            E così comincia la leggenda. Come una moderna Primula Rossa, vestito di una versione personalizzata dell’uniforme da campo della Fanteria Britannica, il volto parzialmente nascosto da una maschera domino, armato del suo coraggio,  della sua abilità di combattente e di una quasi diabolica abilità nel travestimento, Citizen V non risparmia i colpi contro gli spietati occupanti. Attentati, beffe agli alti comandi, fughe di prigionieri e tutti siglati dalla sua firma: la lettera V, sola testimone del suo passaggio. In uno dei suoi più audaci colpi di mano, Citizen V, travestito da Colonnello della Wermacht, raggiunge Berlino, penetra nella Cancelleria del Reich e dipinge una V nello stesso ufficio di Hitler.

            La caccia a Citizen V è del tutto senza esito e le sue imprese rinforzano il morale di coloro che sono costretti a vivere sotto il tallone nazista. Col tempo John Watkins organizza un vero e proprio piccolo esercito segreto di fiancheggiatori: il Battaglione V. Una dei suoi agenti è una giovane francese, Paulette Brazee, che riesce addirittura a diventare la luogotenente del perfido Dottor Heinrich Zemo, col nome in codice di Lupa e da quella posizione riesce a trasmettere a Citizen V e, di conseguenza, agli Alti Comandi Alleati, preziosissime informazioni.

 

           

2.

 

 

Primavera 1943. Citizen V viene incaricato di assistere i famosi eroi in costume americani Capitan America e Bucky in un’azione di sabotaggio dell’ultima invenzione di Zemo, la Particella X, che sta per essere lanciata su Londra con un razzo. I tre riescono nell’intento, ma Citizen V rimane ferito ad una spalla e Paulette è costretta a rivelarsi come agente del Battaglione V, mentre Zemo riesce a sfuggire all’esplosione del razzo ed alla distruzione del suo castello.[3]

            Rientrato in Germania, Zemo si confronta col temibile Teschio Rosso.

-Quei maledetti Capitan America e Bucky sono una dannata spina nel fianco, ma un giorno avrò la mia vendetta, Barone.- proclama il Teschio.

-Io vorrei occuparmi di Citizen V, se permette, Herr Teschio.-

-Ma certo. Sbarazzami di quella seccatura Zemo, voglio dei risultati al più presto.-

 

            Tardo autunno 1943.  Citizen V ha proseguito la sua guerra di resistenza contro i tedeschi e continua ad essere imprendibile. In questo periodo, il rapporto tra lui e Paulette è diventato molto profondo. La felicità è una cosa rara in tempo di guerra, ma anche in tempo di guerra ed in clandestinità non c’è felicità più grande per una coppia dell’arrivo di un figlio. Ma la felicità non e destinata a durare a lungo, purtroppo. Un giorno arriva una notizia, portata da un membro del Battaglione V che agisce sotto la copertura di funzionario del governo collaborazionista francese: i polacchi stanno preparando un’insurrezione nella città di Poznan ed i tedeschi ne hanno avuto notizia ed hanno mandato sul luogo nientemeno che Zemo per stroncarla sul nascere. Finalmente sembra arrivato il momento di chiudere i conti col malvagio dottore, non serve altro per convincere Citizen V a recarsi in Polonia. Paulette vorrebbe seguirlo, ma nel suo stato non è possibile e lei lo sa. Deve restare nascosta per il bene del bambino e non può far altro che veder partire l’uomo che ama.

 

            L’insurrezione di Poznan si rivela una trappola orchestrata da Zemo e dai suoi agenti, riusciti ad infiltrarsi nel Battaglione V. Circondati da ogni lato, gli insorti si battono come leoni, ma il loro destino è segnato. Citizen V è tra gli ultimi a cadere ed è lo stesso Zemo a strangolarlo con le sue mani.

            E prima ancora che la notizia della brutale morte dell’eroico difensore della libertà si diffonda, i membri del Battaglione V, i cui nomi sono ormai noti a Zemo vengono ben presto rintracciati e trucidati. Solo in pochi riescono a sfuggire a questo destino, tra questi un giovane americano d’origine irlandese il cui nome è Thomas Riordan.

 

           

3.

 

 

Quando Paulette Brazee vede Tommy Riordan irrompere improvvisamente nel suo rifugio sa che qualcosa di terribile è accaduto, ma non immagina che le notizie siano così tragiche. La notizia della morte di John Watkins è un colpo tremendo, ma non può permettersi di abbattersi proprio adesso, deve scappare, restare libera… per il bambino.

            La fuga è tutt’altro che facile. Lei e Tommy sono soli in territorio ostile, non sanno di chi fidarsi. Hanno appena lasciato Parigi in auto che sono intercettati da auto della Gestapo. Comincia un inseguimento che termina poco dopo, quando l’auto, centrata da alcuni colpi, arresta la sua corsa sul ciglio di una strada. Tommy e Paulette vengono estratti dall’auto ed un ufficiale della Gestapo si rivolge a Paulette.

-Herr Doktor Zemo sarà felice di rivederla Fräulein Lupa, molto felice.-

-Anch’io vorrei rivederlo… a tiro della mia pistola.- ribatte spavaldamente Paulette.

-Parole audaci per una donna destinata a morire.- è il solo commento del nazista.

            I prigionieri sono caricati su una camionetta diretta verso Parigi.

 

            L’automezzo procede verso la sua destinazione, quando ecco che dall’alto di un albero salta giù una figura in costume: un uomo con un costume violetto e rosso con un teschio sull’addome. I suoi pugni sono micidiali ed abbattono uno dopo l’altro i soldati che cercano di fermarlo, poi costringe l’autista a fermarsi e libera i prigionieri, mentre dai boschi compaiono uomini e donne armati.

-Continuate la vostra fuga.- dice l’uomo in costume a Paulette e Tommy -Gli uomini della Resistenza vi accompagneranno dove potrete avere un imbarco per l’Inghilterra.- si rivolge direttamente a Paulette –Mademoiselle Brazee, la prego di accettare le mie condoglianze per la morte di Citizen V. Sarà vendicata, glielo giuro.-

-Chi è lei?- gli chiede la donna.

-Potete chiamarmi col nome che i nazisti temono: il Potente Distruttore.-

-Ho sentito parlare di lei, ma credevo che agisse soprattutto in Germania.-

-Accorro dove c’è bisogno di me e quindi sono qui. Quando arriverete in Inghilterra, cercate un uomo di nome Lord Falsworth a quest’indirizzo.- scrive qualcosa rapidamente su un foglietto, che consegna a Paulette. –Ditegli che venite da parte mia. Ora devo salutarvi.-

-Non venite con noi?- chiede Tommy Riordan.

-Oh no! Non ho ancora finito col Führer. Ho parecchio da fare lungo la via per Berlino.-

-Buona Fortuna, Distruttore, chiunque voi siate.- gli dice Paulette.

-Un giorno, forse, quando la guerra sarà finita, ci rivedremo ed io non avrò questa maschera, spero.- replica lui.

            Poi ognuno riprende il suo cammino.

 

 

4.

 

 

Estate 1944. La sua sedia a rotelle spinta dal fedele maggiordomo Higgins, Montgomery Visconte Falsworth entra nella stanza dove una raggiante Paulette Brazee stringe tra le braccia un neonato.

-Sono contento che sia andato tutto bene, Paulette.- le dice -È un maschio?-

-Si.- risponde lei –Lo chiamerò come suo padre: sarà John Watkins Jr. e quando sarà abbastanza grande da capire, gli dirò che grand’uomo fosse suo padre.-

-Ne sarà orgoglioso, ne sono convinto.-

-Io devo ringraziarla Lord Falsworth, per tutto quanto ha fatto per me.-

-Sciocchezze! Mi ha fatto molto piacere averla intorno. Questo castello era diventato troppo tetro da quando i miei figli sono partiti al seguito delle truppe d’Invasione con i loro amici.-

-Torneranno sani e salvi, vedrà, non sono novellini.-

-No di certo, ma da ora in poi saranno costantemente in zona di guerra e... ma non parliamo di questo, pensiamo a festeggiare il nuovo nato: sono certo che avrà un grande avvenire.

 

            Settembre 1945.  La guerra è finita e Paulette Brazee o Watkins, come si fa chiamare adesso, (lei e John non erano mai stati sposati, ma gli inglesi sono così formali ed è meglio non creare problemi di legittimità a suo figlio) esita prime di bussare alla porta di Falsworth Manor, poi, alfine, si decide. È Higgins ad aprire

-Oh Mrs. Watkins, mi segua.-

            La conduce nello studio, dove trova il vecchio Lord Falsworth con due giovanotti ed una ragazza. Il primo dei due uomini assomiglia decisamente al vecchio Lord, è certamente suo figlio Brian, l’altro ha i capelli rossi, è piuttosto basso ed ha due occhi vivaci, la ragazza è bionda e le rivolge uno sguardo cordiale.-

-Bentornata Paulette.- l’accoglie Lord Falsworth. Sono felice di rivederla, conosce i miei due figli, Brian e Jacqueline ed il loro amico Roger Aubrey?-

-No ma ho sentito parlare di loro.- risponde Paulette, stringendo le mani di Brian e sua sorella, poi si avvicina Roger Aubrey

-Io e lei ci conosciamo invece. Due anni fa sulla strada di Parigi le dissi che c saremmo rivisti alla fine della guerra, ricorda?-

-Lei… lei era il Potente Distruttore?- esclama Paulette sorpresa -Ma… ma-…-

Roger sogghigna:

-Sembravo molto più alto e robusto?- replica –Merito di stivali col rialzo e di un costume imbottito. Sono felice di rivederla in forma. Ho saputo che dopo la nascita di suo figlio è tornata in azione, lavorando per i nostri servizi strategici. Una vera donna d’azione. Tornerà in Francia ora che la guerra è finita?-

-Non so, l’Inghilterra era la patria di John ed è qui che suo figlio è nato. Penso che dovrei rimanere.-

-Allora spero che mi concederà l’onore di contribuire al mantenimento ed all’educazione di suo figlio.- interviene il vecchio Falsworth.

-Io… non posso permetterlo.-

-Ah che sciocchezze. L’Impero e l’Europa tutta devono a John Watkins ed a tutti i coraggiosi che hanno combattuto e sono morti per impedire il trionfo del nazismo molto più di quanto io potrò mai spendere.-

-Non discuta Paulette.- interviene Brian Falsworth –Mio padre è un dannato ostinato quando ci si mette.-

-Io… siete tutti così generosi con me.-

-Bene.- taglia corto Jacqueline Falsworh -È deciso allora.-

            E con queste parole Paulette Brazee sa che il suo destino è in Gran Bretagna.

 

            Autunno 1951. Il luogo è il salone di Falsworth Manor e le persone sedute intorno ad esso sembrano decisamente normali. Molti di loro sono giunti dagli Stati Uniti: Jeffrey Mace, giornalista del Boston Globe; Fred Davis, Gwenny Lou Sabuki, nippo americana, Davy Mitchell, nero, tutti studenti universitari; Jerry Castairs, radiocronista sportivo; Elizabeth Barstow, investigatrice privata, Mary Mitchell (nessuna parentela col precedente, anche perché è sia bianca, che bionda); Dan Kane, playboy; Brian Falsworth, deputato alla Camera dei Comuni e sua sorella Jacqueline. Tutti fissano l’uomo che li ha radunati: Sir Roger Aubrey.

-Signori e signore, sono lieto che abbiate risposto al mio invito. Sono riuscito a rintracciarvi perché intendo farvi una proposta. Voi tutti siete stai avventurieri in costume.- brusio tra gli intervenuti -Per carità non negate. Io stesso lo sono stato, ero quello che veniva chiamato Potente Distruttore. Dopo la guerra anch’io ho deciso di abbandonare l’attività, ma ho capito che l’inattività non faceva per me. In questo mondo complesso c’è ancora bisogno di chi combatta la giusta battaglia.  Forse è finito il tempo delle maschere e forse tornerà ancora, questo non lo so, ma so che non possiamo tirarci indietro.- Roger s’interrompe, mentre una donna entra nella sala –Lasciate che vi presenti Paulette Brazee, il padre di suo figlio era l’Uomo del Mistero noto come Citizen V e fu ucciso da un uomo di nome Zemo. Immagino che tutti voi siate al corrente dei suoi exploits nell’Europa occupata dai nazisti. Ad aiutarlo nelle sue imprese vi era un gruppo di coraggiosi che agivano in segreto e sapevano colpire come fantasmi: il Battaglione V. Io vi propongo di onorare la sua memoria e di rifondare il Battaglione V per combattere le moderne battaglie per la vita e la libertà della gente comune. Sarà una sorta di club, un’associazione di persone che un tempo sono stati uomini e donne del mistero. Lo scopo del nostro club sarà agire in segreto, usando i mezzi di cui disponiamo nelle nostre identità civili, raccogliendo informazioni ed agendo ogni volta che sarà necessario, con discrezione e senza il clamore suscitato dai costumi che abbiamo scelto di abbandonare. Ognuno di noi s’impegnerà ad aiutarsi reciprocamente in questi compiti. Contemporaneamente, coloro di noi che hanno o avranno figli, potranno addestrarli, se lo vorranno, con il contributo di tutti, perché, un giorno raccolgano l’eredita d’eroismo dei loro genitori e ne rinnovino i fasti. Voi siete solo i primi, ma altri risponderanno all’appello se anche voi lo farete. Vi chiedo: siete con me?

            Alcuni rispondono si, altri alzano la mano, altri ancora esitano, riflettono incerti, poi ricordano tempi recenti, ma che sembrano così lontani e rispondono anche loro con si.

            E così ha inizio.

 

 

FINE

 

 

NOTE DELL’AUTORE

 

 

            Ebbene, eccoci arrivati alla fine di questa storia alquanto anomala, ma ogni tanto qualche anomalia non guasta, credo. Ed ora, via con le note:

1)    Innanzitutto, perdonatemi se in questa storia troverete un eccesso di retorica, è difficile non caderci, quando si parla di valori ideali e Capitan America, non lo farò più promesso (Beh, almeno ci proverò con impegno. -_^)

2)    Poco più di 40 anni fa in Avengers Vol 1° #4, datato marzo 1964, Capitan America, Steve Rogers veniva ripescato da un’ibernazione che durava dal 1945; un evento che meritava di essere segnalato, sia pure in ritardo

3)    Esattamente 50 anni fa, nel maggio del 1954, Capitan America IV, alias Steve Rogers II, il famoso Schiaccia Comunisti, riguadagnava la sua testata, Captain America Comics, dopo il suo debutto su Young Men #24 del Dicembre 1953 ed una manciata di avventure su Men’s adventures. La sua stagione sarebbe durata solo per altri due numeri, ma anche questo è un evento che merita di essere ricordato

4)    Vi avevo promesso notizie di Roberta Mace, le avete avute. Certo, il mistero rimane ed anzi diventa ancora più intricato. Che è successo a Roberta Ann Mace? Sua sorella è decisa a scoprirlo e ciò, assieme ad altre cose, la porterà a prendere una sconcertante decisione, che, forse, qualcuno di voi si attendeva da tempo.

5)    Forse qualcuno di voi si chiederà cosa sta succedendo a Sharon Carter, la risposta inizierà sin dal prossimo numero, contenti?

6)    Nota di Continuity: il primo capitolo si svolge nell’intervallo tra Vendicatori #42 e 43; i capitoli 2. e 3. parallelamente agli eventi di Vendicatori #43 ed il capitolo 4. immediatamente dopo la conclusione del suddetto episodio.

7)    Citizen V è un eroe minore comparso per la prima volta in Daring Mistery Comics #8 del gennaio 1942 e nel successivo numero della testata, ribattezzata Comedy Comics, per mano di Ben Thompson, autore di testi e disegni: Le notizie su di lui sono tratte da questi due episodi e da Thunderbolts #-1 (Uomo Ragno Magazine #38).

8)    Il Potente Distruttore, creato in Mystic Comics #6 dell’ottobre 1941 da Stan Lee & Jack Binder ha visto la sua storia riscritta da Roy Thomas nella serie degli Invasori.  Sotto la maschera ci sono stati prima Brian Falsworth e poi Roger Aubrey.

9)    I figli di Lord Falsworth dal 1942 al 1945 sono stai membri degli invasori con i nomi di Union Jack II e Spitfire.

10)  Se siete intrigati dal Battaglione V e volete saperne di più sull’origine di Citizen V, vi rimando ad un’imminente miniserie a loro dedicata in cui vi verrà raccontata il resto della storia oltre ad uno, spero, appassionante intrigo dei tempi moderni. Come direbbe un trailer: azione, dramma, suspense, spionaggio, complotti e supereroi della Golden Age e loro discendenti in un mix che spero sia intrigante. Restate sintonizzati e en saprete di più.

Nel prossimo episodio: inizia la saga “Superpatrioti” in cui alcuni nodi vengono al pettine, alcuni misteri trovano soluzioni, nuovi misteri nascono, vecchie conoscenze ritornano e nuove arrivano ed in più la partecipazione di tutti i supereroi e supereroine patriottici che vi riesce di immaginare, più qualcuno in più che non vi aspettate di certo… o magari si? Lo sapremo presto.

 

 

Carlo



[1] La storia completa in Vendicatori #42 e 43

[2] Come narrato in Cap #24 o Vendicatori #35

[3] Come narrato in Captain America & Citizen V ’98 (Capitan America & Thor #58)